Ieri sera, mercoledì 13 giugno,  si è tenuto il primo dei 3 «tavoli di lavoro partecipati per la raccolta di proposte della cittadinanza» previsti nell’ambito del «Percorso della fase di concertazione e partecipazione» del PAT (Piano di Assetto del Territorio). Tema: Capoluogo e San Michele Vecchio.

La delusione da parte di chi, come noi, ha fatto della partecipazione l’elemento fondante della propria azione politica è stata totale. Infatti, l’unico «tavolo» presente in sala era quello dietro il quale sedevano “la sindaca” e l’arch. Saccon (progettista incaricato della redazione del PAT). Tutti gli altri (i cittadini, ovvero la parte “attiva” di un processo che voglia dirsi realmente partecipato) seduti in platea.

Chiunque abbia un minimo di pratica di processi partecipativi sa che la divisione tra palco e platea è la prima barriera da abbattere per mettere i partecipanti nella condizione di poter intervenire liberamente nella discussione. Il fatto poi che sul palco, a gestire il «tavolo di lavoro», ci fosse da un lato il professionista incaricato di redigere il PAT, dall’altro il primo cittadino (pardon: “la prima cittadina”…), creava nel partecipante non avvezzo ad intervenire in dibattiti pubblici quel tanto di soggezione da inibirgli qualsiasi tipo di intervento, un po’ per paura di non saperne tanto quanto il professionista, un po’ per paura di dire qualcosa di politicamente compromettente.

Questa, più o meno, è l’osservazione che qualcuno ha sollevato alla fine dell’introduzione (durata più di un’ora) dell’arch. Saccon e della “sindaca” (la quale non ha mancato di correggere platealmente il povero architetto, reo di averla chiamata “sindaco”…).

La risposta dell’arch. Saccon è stata più o meno questa:

«Cari miei, non siete stati chiamati in questa sede a prendere parte ad un processo partecipativo come lo intendete voi [gruppi di lavoro coadiuvati da un facilitatore il più possibile neutrale N.d.R]. Se cercavate questo dovevate partecipare al laboratorio di archeologia del paesaggio che si sta tenendo il sabato. La legge infatti non obbliga l’amministrazione a redigere il PAT assieme ai cittadini, ma a sottoporre loro un documento preliminare sul quale i cittadini possono fare delle osservazioni, meglio se per iscritto o tramite il sito web dedicato; poi però è l’amministrazione che decide».

In altre parole, la «partecipazione» tanto sbandierata dalla “sindaca” durante e dopo la campagna elettorale si limiterà a questo laboratorio di archeologia del paesaggio: un progetto assolutamente lodevole e – a detta di chi del nostro gruppo ha avuto modo di partecipare – ben strutturato, ma che:

  1. si limita al tema dell’archeologia, sfociando al massimo nell’ambito della valorizzazione turistica, lasciando quindi fuori tutte le altre questioni di pianificazione urbanistica che hanno un’incidenza sulla vita quotidiana dei cittadini, e sulle quali quindi i cittadini dovrebbero essere chiamati ad esprimersi in modo fortemente propositivo, e non soltanto in forma consultiva finale;
  2. non è assolutamente farina del sacco dell’amministrazione di Quarto d’Altino, in quanto rientra nel progetto strategico “Parco Archeologico dell’Alto Adriatico – PArSJAd”, che la Regione del Veneto ha commissionato (e pagato) all’Università IUAV di Venezia, all’Università Ca’ Foscari di Venezia e all’Università degli Studi di Padova al fine di redigere uno strumento di pianificazione culturale di valorizzazione archeologica.

Come questo progetto sia finito dentro al PAT di Quarto d’Altino solo un esperto di strategia e comunicazione politica può spiegarlo…

Alcuni di noi ricordano come durante uno degli incontri del laboratorio di progettazione partecipata Quartiere Sociale (correva il mese di giugno del 2010) la futura “sindaca” ci informasse entusiasta dell’imminente avvio, a Marcon, del “ParteciPAT – Percorso partecipativo e concertativo per la formazione del PAT del Comune di Marcon”.

Ebbene, chi avesse tempo e voglia di vedere com’era strutturato quel progetto, scorrendo le pagine del sito del professionista incaricato a coordinarlo, si renderà conto che benché i termini utilizzati per definire i due progetti (quello di Marcon e quello di Quarto d’Altino) siano praticamente identici («partecipazione», «concertazione», «tavoli di lavoro», «approfondimenti», perfino la grafica del volantino è la stessa…), nella sostanza (e nel metodo) si differenziano in modo abissale. A partire dal fatto che i «tavoli di lavoro», a Marcon, erano preclusi a chiunque (maggioranza o minoranza) facesse parte del consiglio comunale, sindaco in primis.

A Quarto, invece, non solo il sindaco (pardon, “la sindaca”) presiede i «tavoli di lavoro», ma si permette pure di tentare di togliere la parola ai consiglieri di minoranza perché «hanno già modo di esprimere le loro idee nelle apposite sedi istituzionali, quali commissioni e consigli comunali». Come se a lei – che per tutta la sera, assieme all’arch. Saccon, ha controbattuto a critiche e osservazioni ribadendo le sue, di idee – non fossero concesse uguali – se non maggiori – occasioni “istituzionali” di un consigliere di minoranza. Insomma: o tutti, o nessuno!

Torneremo sull’argomento PAT con delle osservazioni puntuali al Documento preliminare, che contiamo di poter redigere assieme a chiunque voglia partecipare ai nostri prossimi incontri settimanali.

Nel frattempo vi invitiamo a scaricare e a leggere il Documento preliminare predisposto dall’Amministrazione.