Claudio Cancelli è Docente in pensione del Politecnico di Torino, consulente tecnico della Comunità Montana Bassa Valle Susa per l’Alta Velocità, coautore del libro Alta velocità. Valutazione economica, tecnologica e ambientale del progetto (Ed. CUEN-Ecologia).
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Pillole di Alta Velocità
di Claudio Cancelli
I treni A.V. sono treni passeggeri che si spingono al limite della tecnologia ferroviaria pagandone il prezzo relativo: una linea interamente nuova, con modificate caratteristiche geometriche dei binari e con diversa alimentazione, un costo di manutenzione e di ammortamento all’incirca triplicato rispetto a quello delle linee convenzionali. In termini economici, l’investimento può tuttavia risultare conveniente quando un numero sufficientemente alto di passeggeri – tra 30 e 50 mila al giorno – sia disposto a pagare il relativo biglietto. Fatti i conti, risulta che questo è possibile quando si hanno città di qualche milione di abitanti, poste ad una distanza compresa tra 300 e 500 km, e con una pianura in mezzo possibilmente poco abitata. Questo schema permette di capire per quale motivo le linee A.V. siano state costruite in Francia, in Germania e nei Paesi Bassi, e non in Inghilterra, Svezia o in Svizzera, sebbene anche in questi paesi la possibilità di costruirne sia stata presa in considerazione. In Italia, invece, mancano tutte le condizioni favorevoli e si accumulano tutte quelle negative, per le caratteristiche orografiche, la distribuzione e la densità degli abitati, l’urbanizzazione diffusa et cet. e proprio per questi motivi nessun tecnico ferroviario l’aveva proposta, prima che apparisse la società TAV Spa. In Italia ci si era orientati su un criterio diverso per rendere più veloci i collegamenti, ed era stata sviluppata, prima che in altri paesi, la tecnica dei treni ad assetto variabile – i pendolini. Con questi treni si potevano raggiungere velocità attorno ai 200 km/h e ridurre i tempi di percorrenza di circa il 30%, senza dover costruire nuove linee. Che per guadagnare ancora qualche minuto, ci si lanciasse in un investimento dell’ordine dei 100 mila miliardi, sembrava incredibile…
Per quanto riguarda il finanziamento delle opere, nella architettura finanziaria prevista sulla carta, il 40% della cifra veniva messo a disposizione dallo Stato a fondo perduto; il rimanente 60% doveva essere reperito dai privati. Ma nessuno presta cifre di decine e decine di migliaia di miliardi ad una società, la TAV Spa, con capitale di appena 140 miliardi, perché manca qualsiasi garanzia di restituzione. Qui è il colpo di genio: i soldi saranno dei privati, almeno in parte, ma i loro interessi e la loro restituzione saranno garantiti integralmente dallo Stato (dal Tesoro), con solo questa sottigliezza: che il pagamento degli interessi verrà messo a bilancio, ma la restituzione del capitale no, il suo inizio verrà rimandato di una quindicina di anni, in modo da non sforare i parametri di Maastricht. La straordinaria trovata di addossare i costi alle generazioni future, ha aperto di fatto un pozzo senza fondo…
«È accettabile qualunque disastro economico purché le perdite siano addossate all’intera comunità e i guadagni rimangano nelle mani di chi gestisce l’operazione.»