Piuttosto di perdere una tradizione è meglio bruciare un paese, dice un vecchio adagio. Sarà anche vero, ma prima forse è meglio verificare di che tradizione si sta parlando…

Ci riferiamo al tradizionale panevin contadino, molto popolare dalle nostre parti, che nel corso degli ultimi anni si è trasformato, qui a Quarto d’Altino come in altri paesi vicini, in una spettacolarizzazione della tradizione ad uso e consumo dei “turisti del panevin” e a discapito dell’ambiente e della salute delle persone (e degli animali).

Condito da musiche, fuochi artificiali, botti e chi più ne ha più ne metta – che nulla hanno a che vedere con lo spirito natalizio che va concludendosi, e tantomeno con la tradizione celtica – a nostro avviso questo panevin si è fatto negli ultimi anni portatore di un messaggio sbagliato specie verso i giovani, per lo scempio del territorio perpetrato in un evento ormai sradicato dalle sue origini.

Il tradizionale panevin, che da zona a zona variava leggermente per gli usi locali tramandati, consisteva infatti sostanzialmente nel bruciare le stoppie residue della raccolta dei campi (e con queste, metaforicamente, l’anno vecchio), accumulate in pire non tanto elevate collocate in mezzo ai campi stessi, su cui si disperdevano i fumi e le ceneri, concimandoli. Dalla direzione che prendevano le faìve si traevano gli auspici per l’anno appena iniziato. Sotto il falò veniva cucinata la pinsa, dolce povero che veniva consumato poi col vin brulè.

Al giorno d’oggi sono sotto gli occhi di tutti gli effetti dell’inquinamento atmosferico, specialmente nella Pianura Padana, il luogo più inquinato d’Europa. Aumentarlo sconsideratamente, anche per un solo giorno, e per finalità che con la tradizione ormai non hanno più nulla a che fare, è veramente un peccato ambientale.

E spiace che a permettere tutto ciò siano le solite deroghe “per quieto vivere” delle amministrazioni locali ai loro stessi regolamenti, emanati sulla base di direttive europee e leggi regionali.

Come nel caso dell’ordinanza sindacale n° 12 del 23/12/2019 del comune di Quarto d’Altino, in cui anche in caso di livelli di allerta inquinamento alti vengono concessi, tra il 5 e il 6 gennaio, fino 5 falò su tutto il territorio comunale, di dimensioni fino ai 5 metri di base per 5 metri di altezza.

Con l’obiettivo di salvare il panevin nella sua versione tradizionale, lasciando in pace il Sile, i sommozzatori, i botti e le musiche da discoteca, ci aspetteremmo delle misure più drastiche di contenimento dei falò, per numero e dimensioni, e l’invito da parte delle amministrazioni al ritorno ad un evento più sobrio e in linea con la tradizione che si prefigge di tramandare.

Come fare quindi per far coesistere tradizione e rispetto dell’ambiente e della salute?

Per esempio si potrebbe – come già proposto da alcuni di noi – fare del panevin dell’ANFFAS delle Crete l’unico falò di Quarto d’Altino, mettendo così insieme tradizione, attenzione per l’altro, relazione e valori.

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