La brutale repressione del movimento NO TAV in Val di Susa operata il 27 giugno scorso, con un vero e proprio blitz militare in grande stile, è semplicemente vergognosa ed indegna di un paese civile e democratico.

E non solo per la ferocia, gratuita ed inaudita, con la quale lo Stato si è accanito su cittadini inermi che esprimevano il loro dissenso, come fanno da vent’anni a questa parte, in maniera assolutamente non violenta; alcune testimonianze di persone e giornalisti presenti a Maddalena di Chiaromonte durante lo sgombero del presidio NO TAV riportano addirittura l’utilizzo da parte delle forze di polizia di lacrimogeni contenenti CS, arma chimica vietata nelle guerre internazionali.

E nemmeno solo perché tale intervento è stato richiesto, invocato, accolto con soddisfazione da quasi tutte le forze politiche rappresentate in parlamento, da Maroni a Fassino, e questo sarebbe già un buon indicatore di quali siano gli interessi in gioco e la “torta” da spartire nella eventuale realizzazione della linea AV.

L’orrore di questa operazione militare condotta da una classe politica inadeguata, arrogante e, spesso, ignorante sta nell’obiettivo; colpire in modo esemplare l’espressione di una cittadinanza attiva, solidale, partecipe, cosciente e competente, di cui il movimento NO TAV in Val di Susa rappresenta il momento più alto, sia per la durata ventennale della mobilitazione, sia per il numero e la varietà di persone e competenze coinvolte.

Il risveglio della società civile che si è manifestato prima nell’accantonamento di una destra inguardabile ed incapace a Milano e a Napoli, marginalizzando nel contempo il PD, e poi con i referendum per la salvaguardia dell’acqua pubblica e contro il nucleare, imponendo una batosta alla destra ancora una volta senza nessun particolare merito del PD, ha spaventato e colto impreparata l’intera ed indegna rappresentanza politica attuale.

Questo risveglio, in Val di Susa, è avvenuto vent’anni fa; scrive Chiara Sasso nel suo libro”NO TAV. CRONACHE DALLA VAL DI SUSA” (Carta/Edizioni Intra Moenia, 2006), riferendosi ai primi passi del movimento all’inizio degli anni 90 : “..da subito ci si accorge che il tema è importante, che bisogna attrezzarsi per avere informazioni (che non danno), ipotesi di progetti (che tengono nascosti). Bisogna insomma innalzare il livello della conoscenza. Togliere ai gruppi economici e politici che sostengono la realizzazione delle grandi opere, l’esclusiva di un linguaggio tecnico-scientifico. Offrire sostegno a chiunque sia interessato ad intervenire su questi problemi: documentazione e consulenza. Alcuni docenti del Politecnico mettono a disposizione gratuitamente (e lo faranno per quindici lunghissimi anni) il loro sapere….il 12 dicembre 1992 al Cinema di Condove verrà fatto ascoltare, attraverso una elaborazione acustica calibrata dal Politecnico di Torino, il rumore di un Tgv che passa in una valla alpina a trecento chilometri all’ora…” .

Questo è esattamente quello che è già successo in Friuli e che sta succedendo ora in Veneto nei territori interessati dal progetto alta velocità Venezia-Trieste; i comitati stanno, con estrema difficoltà, acquisendo e diffondendo quella conoscenza, necessaria per parlare di questa grande opera con cognizione di causa.

E lo stanno facendo nella più o meno velata indifferenza o, peggio, insofferenza delle amministrazioni locali che non vorrebbero perdere l’occasione per obbedire al diktat di Confindustria che non vede l’ora di mettere mano alla marea di denaro che arriverebbe con la grande opera.

Ma lo stanno facendo con un grande vantaggio; non partono da zero ma dall’inestimabile bagaglio di conoscenze e di rigorosi studi scientifici che hanno sviscerato la questione TAV sotto tutti gli aspetti e che sono il prodotto del ventennale lavoro del movimento NO TAV in Val di Susa.

Docenti universitari fra i quali Virginio Bettini, Paolo Rabitti, Maria Rosa Vittadini, Carlo Giacomini dello IUAV di Venezia, Angelo Tartaglia, Claudio Cancelli del Politecnico di Torino, tecnici del calibro di Luca Mercalli, Ivan Cicconi hanno affrontato il problema con dati, comparazioni, valutazioni ambientali ed economiche, evidenziando criticità pesantissime di quest’opera, che in qualsiasi altro paese al mondo sarebbe stata definitivamente accantonata.

Leggendo libri come “Alta velocità – Valutazione economica, tecnologica e ambientale del progetto”, “Travolti dall’alta voracità”, “La storia del Futuro di tangentopoli”, con dati precisi alla mano e studi accurati chiunque può capire che, dal punto di vista ambientale, per la realizzazione dell’alta velocità in Italia “mancano tutte le condizioni favorevoli si accumulano tutte quelle negative, per le caratteristiche orografiche, la distribuzione e la densità degli abitati, l’urbanizzazione diffusa ecc.” (Claudio Cancelli in, “Alta velocità.”).

È dimostrato che “la tratta AV col maggior flusso atteso di passeggeri sarà la Bologna –Firenze… con valori dell’ordine di 20.000 passeggeri al giorno, (Ndr: metà dei 40.000 passeggeri della Parigi Lione), e sotto la soglia dell’economicità della gestione corrente” (Angelo Tartaglia, “Travolti dall’alta voracità”). Ed inoltre, premesso che in nessun paese al mondo le linee ad alta velocità vengono utilizzate per il trasporto delle merci, viene dimostrato che non c’è nessuna domanda potenziale o attesa per far viaggiare le merci su una linea ad alta velocità anziché su una linea normale o su gomma. Ed è ormai un dato inconfutabile che i monumentali costi economici di quest’opera sono quasi totalmente a carico dello Stato e che la quota rappresentata dai privati o dai finanziamenti europei è irrisoria. E questo significa che se le risorse vengono utilizzate sull’Alta Velocità il trasporto ferroviario su breve distanza, utilizzato dall’80% dei cittadini, è destinato a peggiorare ulteriormente.

Tutto questo è il prodotto del movimento NO TAV; una conoscenza e una competenza diffusa che mette a nudo l’incapacità di una classe politica che a dati e argomenti precisi e circostanziati, è capace di rispondere solo con luoghi comuni, il più delle volte falsi, e con manganelli e lacrimogeni.

Nell’esprimere la totale ed incondizionata solidarietà al popolo della Val di Susa, non posso fare a meno di porre a questa amministrazione alcune domande; ritengo assolutamente pacifico che ciò che succede oggi in Val di Susa potrebbe succedere domani nel nostro territorio, a Quarto d’Altino, a San donà Di Piave, a San Stino di Livenza, nella bassa friulana se le amministrazioni locali non sosterranno le posizioni espresse dai comitati e dalla cittadinanza durante le assemblee del febbraio e marzo scorsi. Questa maggioranza condivide l’entusiasmo di Fassino per l’intervento militare? Condivide l’approvazione del Sindaco di Venezia Giorgio Orsoni per l’arrogante carnevalata organizzata dagli industriali che intendono “fare da sé” la linea ad alta velocità ? Oppure ritiene di sostenere la posizione espressa dai cittadini contro la TAV e per il potenziamento della linea Venezia –Trieste e di farsi portavoce fino ai vertici regionali e romani dell’indignazione di molti altinati per quanto è successo in Val di Susa?

Credo che, al di là delle dichiarazioni di intenti fatte in campagna elettorale, sia doveroso dare risposte chiare e precise su questo argomento.

Quarto d’Altino,  30/6/2011

Luigino Varin
Gruppo Consigliare “per quarto”