Quarto d’Altino, 19 febbraio 2013
Il consiglio comunale è l’unico “momento” pubblico durante il quale l’intera amministrazione si ritrova per spiegare, discutere e votare le delibere che per regolamento devono essere approvate in sede di Consiglio. Per i cittadini, il consiglio comunale rappresenta l’unico momento pubblico in cui possono effettivamente verificare le modalità concrete, i riferimenti e le conclusioni che portano poi una maggioranza ad approvare una delibera oppure una minoranza a non condividerla.
Insomma: il consiglio comunale è l’unica sede effettiva in cui si può toccare con mano l’orientamento politico e amministrativo di una maggioranza e delle relative minoranze presenti.
Io, personalmente, ho cercato di seguire con una certa attenzione i consigli comunali dei due precedenti mandati amministrativi, cioè dal 2001 al 2011 (a differenza delle persone che oggi sono sedute al tavolo della maggioranza che, ad esclusione di qualche elemento “storicamente” all’opposizione, raramente in quegli anni ho visto assistere ad un consiglio comunale).
Inizialmente il mio interesse diretto era “ascoltare” ma anche vedere il comportamento degli amministratori nelle varie fasi di approvazione/non approvazione di determinate delibere. Successivamente, ho cominciato a dare una mano concreta prima al gruppo di minoranza “Insieme con la Gente” (dal 2002 al 2006) poi al gruppo “Unione Altinate” (dal 2006 al 2011) perché condividevo pienamente le motivazioni che portavano al voto contrario di questi gruppi rispetto alle scelte della maggioranza dell’epoca. E a distanza di dieci anni credo che tutti possano dedurre da che parte stavano le scelte più rispondenti al «bene comune».
Bene, in quei dieci anni, dal 2001 al 2011, non ho mai assistito ad un comportamento scorretto da parte del Presidente del consiglio: intendo scorretto dal punto di vista del rispetto del regolamento del consiglio comunale. La mia “scarsa simpatia” verso la precedente maggioranza non è certo un segreto, però credo di poter affermare che nonostante tutto essa prendeva atto delle espressioni delle minoranze, certo non cambiava opinione (purtroppo…), però non replicava sistematicamente alle posizioni degli esponenti di minoranza, soprattutto dopo le dichiarazioni di voto o addirittura dopo la presentazione di interpellanze.
L’attuale Presidente del consiglio (che, per legge, per i comuni con popolazione inferiore a 15.000 abitanti è il sindaco) invece conduce i consigli comunali alla stregua di una riunione “di partito”, in cui chi non è d’accordo con la posizione del “capo” deve essere zittito o in qualche modo deve modificare la sua opinione.
Tutto questo si sta ripetendo sistematicamente, ad ogni consiglio comunale, e sinceramente è una vera delusione; dico delusione perché la campagna elettorale del 2011 è finita da un pezzo, e quella per il rinnovo del consiglio, del 2016, è ancora lontana. Mi chiedo allora perché un Presidente che si ritiene portatore di innovazione nel modo di amministrare, soprattutto sotto l’aspetto della partecipazione (tirata in ballo anche quando non c’entra…) continua a comportarsi in questa maniera? Si tratta forse di paura? Di eccessiva sensibilità alle critiche?
Se così fosse… be’, ci vuole ben altro per smontare il sottoscritto!
Ora più che mai sono convinto che la scelta di indipendenza, mia e del gruppo che rappresento in consiglio comunale, è stata una decisione importante e utile per la comunità. Oggi noi possiamo esprimerci liberamente sulle scelte della maggioranza che non riteniamo utili al paese, possiamo permetterci di fare le nostre considerazioni liberi dai vincoli che non siano quelli del «bene comune», cercando in tutti i modi di migliorare le condizioni attuali e future del nostro paese lontani da interessi privati o di partito.
Questo è il nuovo modo di fare politica che noi riteniamo utile per la comunità, nel rispetto delle regole e dei regolamenti, evidenziando le criticità e proponendo delle soluzioni alternative senza sopraffazione e arroganza – atteggiamenti tipici di chi mira solamente al potere e non al «bene comune»…
Rileggendo le linee programmatiche di questa maggioranza ho però capito il senso vero del passaggio in cui si dice: «… noi avremo massima attenzione alla persona…». In effetti è quello che sta succedendo: peccato però che quel «la persona» non sia riferito alla cittadinanza, all’insieme dei cittadini, bensì ad una sola, precisa, persona…
Questa lettera nasce a seguito di quanto successo (o meglio: nuovamente successo…) in consiglio comunale dopo la presentazione dell’interpellanza sul Piano neve; consiglio durante il quale il Presidente (la Sindaca…) ha invitato con consueta enfasi tutta la cittadinanza a partecipare all’incontro in programma per il 2 marzo prossimo, presso la sala consigliare, dal titolo: La sfida della Fraternità nel governo della città.
Giusto per facilitare una eventuale premessa a tale incontro, riporto testualmente la traduzione del termine fraternità:
Fraternità o fraterna amicizia o fratellanza è l’espressione del legame morale che unisce i fratelli. Etimologicamente il significato originale della parola deriva dal latino fraternitas che si riferisce al rapporto tra fratelli o tra popoli amici. La fraternità è un concetto filosofico profondamente legato all’ideale di libertà ed uguaglianza.
Un caro saluto
Luigino “Gigi” Varin
Devo dire che in effetti anche in contesti meno formali, tipo posta privata di FB, quando ho posto delle domande o ho avanzato delle critiche all’operato di questa amministrazione (rivolgendomi direttamente alla Sindaca) raramente ho avuto delle risposte soddisfacenti – e, quasi sempre, ho avuto invece delle risposte tendenzialmente propagandistiche.
Mai,comunque, nemmeno una volta, il vago accenno al riconoscimento di aver commesso degli errori. Non mi sembra un atteggiamento corretto,nè particolarmente maturo.