Con questo articolo vogliamo fare un po’ di chiarezza sul tema del Piano casa, specie a seguito dell’accesa discussione che ne è nata in consiglio comunale sabato 26 novembre; discussione sul metodo (presentazione di un emendamento in fase di discussione della delibera) e sui contenuti, e che ha visto alla fine i due consiglieri di Lega Nord-Patto Cittadino (Fanton e Baldoni) abbandonare la seduta e il consigliere di “per quarto” Lugino Varin unico a votare contro.

Ma andiamo con ordine…

DI COSA STIAMO PARLANDO?

Il cosiddetto “Piano casa”, definito dalla Legge Regionale n° 14 dell’8 luglio 2009, aveva come scopo la promozione di «misure per il sostegno del settore edilizio attraverso interventi finalizzati al miglioramento della qualità abitativa per preservare, mantenere, ricostituire e rivitalizzare il patrimonio edilizio esistente nonché per favorire l’utilizzo dell’edilizia sostenibile e delle fonti di energia rinnovabili».

Tale legge aveva efficacia 24 mesi dalla data di entrata in vigore, quindi fino al 30 novembre 2011. Ciò significa che entro questo termine dovevano pervenire ai comuni le domande di intervento edilizio, mentre per la realizzazione dei lavori erano previsti i soliti 3 anni dalla data della concessione edilizia.

All’avvicinarsi della scadenza del termine del 30 novembre 2011, con la Legge Regionale n° 13 dell’8 luglio 2011 la Regione Veneto ha prorogato il “Piano casa” di due anni, cioè fino al 30 novembre 2013, modificando inoltre in alcuni punti la LR 14/2009.

Gli interventi con cui la Regione prevedeva all’epoca – e prevede tutt’ora – di perseguire queste finalità (chiaramente in deroga alle previsioni dei regolamenti comunali e degli strumenti urbanistici e territoriali, comunali, provinciali e regionali) sono, in sostanza, i seguenti:

  1. ampliamento degli edifici esistenti nei limiti del 20% del volume se destinati ad uso residenziale e del 20% della superficie coperta se adibiti ad uso diverso + ulteriore 10% nel caso di utilizzo di tecnologie che prevedano l’uso di fonti di energia rinnovabile + ulteriore 15% (solo per edifici residenziali) purché vi sia un contestuale intervento di riqualificazione dell’intero edificio che ne migliori la prestazione energetica
  2. demolizione e ricostruzione anche parziale di edifici esistenti costruiti prima del 1989 che prevedano aumenti fino al 40% del volume demolito (destinazione residenziale) o fino al 40% della superficie lorda di pavimento demolita (destinazione diversa) + 10% se l’intervento comporta una ricomposizione planivolumetrica.

In entrambi i casi si tratta di una legge che i comuni sono tenuti ad applicare, però non in toto. Infatti, come era successo per la LR 14/2009, la LR 13/2011 prevede che entro il 30 novembre 2011 i comuni possono deliberare, sulla base di specifiche valutazioni di carattere urbanistico, edilizio, paesaggistico ed ambientale, se e con quali ulteriori limiti consentire gli interventi sugli edifici diversi dalla prima casa di abitazione e sugli immobili con destinazione produttiva, commerciale, direzionale o ricettiva (capannoni, laboratori, uffici, negozi, alberghi, ristoranti etc.).

Questo significa che mentre gli interventi sulla prima casa di abitazione  rimangono possibili a prescindere dalla volontà dei comuni, la decisione che gli stessi interventi vengano concessi anche alle seconde (e terze, quarte…) case e agli edifici non residenziali viene rimessa nelle mani dei comuni, attraverso la deliberazione del Consiglio comunale.

Riassumendo, il “Piano casa” è nato sostanzialmente per consentire interventi di parziale ampliamento e/o demolizione e ricostruzione della prima casa di abitazione (dove per “prima abitazione del proprietario” e “prima casa di abitazione” si intendono le unità immobiliari in proprietà, usufrutto o altro diritto reale in cui l’avente titolo, o i suoi familiari, risiedano oppure si obblighino a stabilire la residenza e a mantenerla per ventiquattro mesi). Per tutti gli altri edifici è facoltà dell’amministrazione se e con quali limiti rendere possibile ampliamenti e interventi di variazione rispetto alle  norme vigenti (PAT-PRG-RE- ecc.) nei comuni stessi.

LA PROPOSTA DI “PER QUARTO”

È sulla base di queste considerazioni che il gruppo “per quarto” ha elaborato la sua proposta di modifica della proposta di delibera avanzata dalla maggioranza; proposta presentata e sostenuta (senza alcun risultato, da ciò il voto contrario in consiglio) nel corso delle sedute della Commissione permanente del 18 e 22 novembre.

La proposta di “per quarto” prende le mosse dall’analisi prodotta dal settore urbanistica del comune di Quarto nel 2009 (Tavola A – Relazione di analis, pagina 2 e seguenti) in cui si dice che «Pur non essendo stata concepita come strumento urbanistico-edilizio la legge n.14/2009 è comunque destinata ad incidere pesantemente e direttamente sul buon governo del territorio e significativamente sul carico urbanistico complessivo previsto dagli strumenti urbanistici vigenti al punto tale che il legislatore  stesso ne ha avuto consapevolezza prevedendo: a) l’immediata applicazione delle norme ad edifici residenziali destinati a prima casa di abitazione; b) la non immediata applicazione delle nuove norme agli edifici residenziali non prima casa di abitazione e agli edifici adibiti ad uso diverso in quanto spetta al Consiglio Comunale deliberare circa l’applicazione delle nuove disposizioni.»

Considerato che nel nostro territorio sono già stati approvati dalla precedente amministrazione piani di recupero e varianti urbanistiche tali da consentire già oggi l’edificazione di circa 1100 unità abitative, e una nuova area per insediamenti produttivi/commerciali a Portegrandi, e che il Comune di Quarto d’Altino non si è ancora  dotato di un Piano di Assetto del Territorio (PAT) e conseguente Piano degli interventi (PATI) al fine di programmare e armonizzare la “crescita” urbanistica e quindi sociale del proprio territorio, il gruppo consigliare “per quarto” ha semplicemente proposto di dare applicazione alla LR 13/2011 solo per gli edifici adibiti a prima casa di abitazione, rimandando qualsiasi altra forma di intervento su edifici diversi dalla prima casa di abitazione solo dopo aver pianificato il futuro del nostro territorio attraverso la stesura del PAT.

La maggioranza, con una decisione che a nostro avviso è solo in parte coerente con le affermazioni in materia di salvaguardia del territorio, riduzione del consumo del territorio, recupero dell’edilizia esistente etc. contenute nelle Linee programmati presentate al consiglio e alla cittadinanza dopo l’insediamento, ha ritenuto fosse invece giusto ampliare le possibilità di applicazione della legge anche agli edifici diversi dalla prima casa di abitazione.

La giustificazione è che sono state comunque poste delle limitazioni, dei “paletti” a questi interventi; limitazioni e paletti che però rendono possibili interventi di ampliamento su condomini, zone commerciali, artigianali, industriali e turistiche, e anche su edifici “vincolati” con grado di protezione 3 e 4 (Tavola A – Relazione di analisi, pagina 10 e seguenti) con un impatto potenziale sul tessuto e il paesaggio urbano altinate che solo la crisi imperante potrà in qualche modo contenere.

La domanda che abbiamo ripetutamente posto alla maggioranza è: ma ne abbiamo davvero bisogno? Abbiamo bisogno di giocare alla roulette russa dando il fianco a una legge pilatesca, che si prende i meriti per la parte “buona” (gli interventi sulla prima casa) e scarica la responsabilità sui comuni per la parte “cattiva”?

Perché quei “paletti” che la maggioranza dice di aver messo, in realtà sono stati tolti dove la Regione dava la possibilità di metterli, e spostati un po’ più in là, cancellando quindi dei limiti importanti all’arginamento di ulteriori danni al nostro territorio.

In questo caso, come in quello della variante alla scheda urbanistica C4.25 discusso nella seduta consigliare del 28 settembre scorso, non riusciamo a vedere quella controtendenza, teorizzata in campagna elettorale e riconfermata nelle Linee programmatiche, rispetto alle passate modalità di “sviluppo” del territorio che hanno causato danni irreversibili al nostro paese.

Sommato ad altri atteggiamenti riscontrati durante questi ultimi due consigli comunali – e di cui daremo conto a parte – ciò che ci auspicavamo sei mesi fa (cioè di poter lavorare «con una maggioranza sensibile, competente, trasparente e aperta agli apporti esterni») comincia a venire negato dalla  realtà dei fatti.  E questo sicuramente non può che dispiacerci.

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