Come ormai è stato reso pubblico dalla stampa locale, durante la seduta del consiglio comunale di martedì 8 maggio i consiglieri di minoranza presenti – compreso il consigliere del gruppo “per quarto” – si sono rifiutati di discutere l’ultimo punto all’ordine del giorno, abbandonando l’aula non dopo aver ribadito quanto espresso in sede di commissione.

La decisione dell’amministrazione di far votare al consiglio se resistere o meno in giudizio in una causa che vede coinvolto il nostro comune nella tragica morte di un giovane altinate avvenuta nel lontano 1984, e che vede tutt’ora drammaticamente coinvolte – da l’una e dall’altra parte – due famiglie del paese,  era stata infatti contestata proprio per l’estrema delicatezza del tema. Se proprio la maggioranza voleva condividere la decisione con le minoranze, poteva farlo invitando i capigruppo in giunta oppure applicando l’art. 39 del Regolamento del Consiglio Comunale relativo alle sedute di consiglio “segrete” (ovvero chiuse al pubblico).

Siamo consapevoli che, da qualsiasi parte la si affronti, questa vicenda addolora la nostra comunità, anche a distanza di 30 anni. Ma se l’unico motivo per resistere in giudizio da parte dell’amministrazione è lo spettro dei 240mila euro di risarcimento (che, in caso di “vittoria”, ricadrebbero, assieme alla spese processuali, sulle spalle di un cittadino altinate che ognuno di noi può immaginare quanto abbia già pagato in termini di sensi di colpa)… be’, ci sembra un po’ poco, anche in periodi di emergenza economica per le casse del comune come quello attuale.

Contrariamente quindi a quanto esternato dal sindaco sulle colonne della Nuova Venezia del 10 maggio 2012 («I cittadini si domanderanno cos’hanno votato a fare i consiglieri di minoranza se non vogliono dare il loro contributo di riflessione in questioni del genere»), le minoranze il loro contributo lo hanno dato eccome, suggerendo di trattare l’argomento in modo più consono. Purtroppo anche in questo caso la tanto sbandierata apertura verso il prossimo… politico è venuta meno sotto il peso di un ben più radicato senso di orgoglio.